Questa canzone di Francesco Gabbani, in un certo senso, non ha un significato preciso. O meglio, è nata proprio per non averlo. È un brano costruito come un flusso libero di parole, che gioca con i suoni e con il ritmo.
«Perché a volte non serve capire, basta sentire. E cantare, così come viene».
Francesco Gabbani, pagina Facebook ufficiale
Eppure, tra le righe, emergono comunque spunti esistenziali e riflessioni che invitano a pensare.
Come spesso accade nella sua musica, Gabbani si diverte a giocare con le parole e con la melodia, mescolando leggerezza e profondità. Anche in questo brano apparentemente spensierato, nasconde riflessioni importanti, che parlano della vita e del nostro modo di affrontarla, mantenendo però sempre un tono ironico e scanzonato.
Nel complesso, sembra quasi un inno all’assurdità della vita. Proprio come la canzone, la vita non ha un senso universale: siamo noi a darglielo.
Eppure, spesso ci perdiamo dietro a cose che non contano davvero, ci creiamo barriere e divisioni inutili. Il messaggio, invece, sembra invitarci a sentirci tutti uguali, a lasciarci andare al ritmo della musica e a goderci le cose belle che abbiamo.
Il videoclip
Nel videoclip, alle spalle del cantante scorrono immagini evocative: scene di preghiera, luoghi di culto appartenenti a varie fedi (non specificate, proprio a sottolinearne l’universalità), e volti noti legati alla pace e alla spiritualità, come Buddha e il Dalai Lama. Un collage visivo che rafforza il messaggio inclusivo e aperto del brano.
Spiegazione dei versi
Al di là che non si sa se l’aldilà poi c’è
Al di là della ragione, hai ragione te
Al di là del movimento di pianeti e stelle
Dei brividi nascosti tra respiro e pelle
Testa dura di natura, anima ribelle
All’inizio della canzone, Gabbani riflette su temi profondi come la vita dopo la morte, il senso della realtà e la tensione tra ragione e sentimento.
Sottolinea la complessità dell’essere umano, fatto di contraddizioni, emozioni e desideri, con una natura ostinata e uno spirito libero.
Io nel mondo e tutto il resto che ci gira intorno
Cercando Dio o chi per lui tu sei
Semplicemente tutto quello che vorrei
La canzone che a Sanremo canterei
Il testo torna sul tema del senso della vita, che ognuno cerca a modo suo: c’è chi si affida alla fede, chi lo cerca nell’altro. Per il cantante, quel senso potrebbe essere incarnato in una persona, un “tu” a cui sembra rivolgersi con dolcezza.
È una canzone che, come racconta lui stesso, gli è venuta in modo spontaneo, tanto che dice che la canterebbe volentieri a Sanremo per quanto gli appartiene.
Ma va bene così come mi viene
Senza senso né catene
E va bene che ti fa stare bene
Pane e amore, sangue e vene
Il brano prosegue con un tono leggero, ma il significato resta profondo. C’è l’idea che vada bene anche vivere “così come viene”, senza un senso definito, senza doverci sentire costretti da regole o aspettative.
A volte basta poco per stare bene: le cose semplici, come il pane, l’amore, il sangue che scorre nelle vene, diventano metafore della vita che pulsa.
«[…] a volte, il senso che proviamo a dare alle cose o comunque le astrazioni intellettualoidi, ragionamenti, inevitabilmente poi creano dei paletti dentro i quali si creano dei preconcetti, che non ti danno la possibilità di vivere in modo completamente slegato e libero, incondizionato, l’emozione che stai vivendo».
Francesco Gabbani, Recensiamo Musica
Al di là del DNA in eredità
Del principio che governa la casualità
Al di là di questa siepe l’infinito accolgo
Che è tutto chiuso dentro al bene ti voglio
Io nel mare, tu nel mare
Guarda, c’è uno scoglio
Il cantante continua a rivolgersi a una persona verso cui prova un affetto sincero e un legame profondo. Ma il discorso si allarga, toccando una dimensione più universale.
Gabbani ci invita ad andare oltre le differenze individuali (carattere, corpo, mente) per riconoscerci tutti come parte di un unico “infinito”. Un pensiero che richiama filosofie orientali, dove l’io non è mai del tutto separato dal tutto.
L’universo non sa che cosa intendi con diverso
Che sei speciale così come sei
Il dolore che al tuo fianco porterei
Quell’amore che a Sanremo canterei
In un altro passaggio, ribadisce che è l’essere umano a inventarsi il concetto di “diverso”: “l’universo non sa cosa intendi con diverso”, dice. Le barriere esistono solo nella nostra testa, e spesso ci facciamo problemi che in realtà non hanno alcun fondamento.
Tutti abbiamo il nostro modo unico di essere, e nessuno vale più o meno degli altri.
Alla persona a cui si rivolge, il cantante dice che accoglierebbe anche il suo dolore, pur di starle accanto. È un gesto d’amore totale.
Eppure c’è un senso, sei tu che decidi
Di crederci adesso, basta che vivi
Nei versi finali, Gabbani sembra sciogliere il paradosso iniziale: sì, un senso della vita esiste. Ma non è qualcosa di fisso o prestabilito. È qualcosa che costruiamo noi, giorno dopo giorno, semplicemente vivendola.

