Questo brano è attraversato da sonorità tipiche degli anni ’90, proprio come l’intero album da cui è tratto, “1998”. Fin dalle prime note si percepisce un mix di leggerezza e malinconia: da un lato la spensieratezza delle serate tra amici, dall’altro il peso dei primi amori, dei sogni condivisi, delle emozioni vissute in gruppo.
«Il 1998 per me rappresenta l’ultimo periodo prima della diffusione di massa dei telefonini e di internet, un tempo in cui la vita era più diretta, vissuta per strada, autentica e reale. C’era una realtà che si viveva proprio nel presente fra le persone, i social erano il muretto del quartiere. Il 1998 è stato un momento cruciale in cui percepivo che tutto stava cambiando profondamente».
Coez, GQ Italia
La canzone racconta di una storia finita, ma il protagonista è ancora emotivamente legato a ciò che è stato. Continua a pensare a quel futuro immaginato insieme, a ciò che avrebbero potuto costruire se le cose fossero andate diversamente.
Il brano diventa anche un’occasione per guardarsi dentro. Attraverso il ricordo di quella relazione, il protagonista cerca di capire meglio se stesso, i suoi desideri, le sue giornate. È un modo per esplorare la propria interiorità, seguendo il filo della nostalgia.
«[…] è un disco che parla un pochino di perdita. Però in generale comunque la perdita è vero che è un sentimento negativo, però alla fine quando ti manca qualcosa può esserci un risvolto positivo. Magari, se hai troppa zavorra, perdere roba è pure una buona idea per non affogare, no?».
Coez, Rolling Stone Italia
Spiegazione dei versi
Dividevamo appartamenti
A cena mai in meno di venti
Potevi dirmi che saresti
partita senza più tornare
Che sarei sceso a salutare
Avrebbe fatto meno male
Nella prima strofa si rivivono le classiche serate passate con grandi comitive, piene di energia e vitalità.
Eppure, sotto la superficie gioiosa, c’è una nota dolente: la persona amata se n’è andata senza dire nulla. L’assenza di una chiusura lascia una ferita ancora più profonda, rendendo difficile accettare la fine della storia.
Noi sognavamo qualcosa di grande
O solo d’andarcene via
E non è vero che non sei importante
È solo che non sei mia
Il cantante ripensa al futuro che avevano sognato insieme. Parlavano di grandi progetti, di condividere qualcosa di vero, anche solo un posto da chiamare “loro”. Tutto sembrava possibile, purché restassero uniti.
Lei è ancora importante per lui, e se fossero ancora insieme, forse troverebbe finalmente il coraggio di dirglielo apertamente.
E chiedo scusa se parlo d’amore
Quando parlo di te
E non è mai solo una canzone
E non è mai solo per te
Quello che provava era amore autentico. E anche se la canzone parla chiaramente di questo sentimento, diventa anche un mezzo per riflettere su se stesso. In fondo, ogni forma d’arte, che sia una canzone o un dipinto, porta dentro un frammento di chi l’ha creata.
Ovunque vado vorrei essere in un altro posto
Diec’anni che parlo di me, nеmmeno mi conosco
Pensavo di fare dеl bene, ho fatto l’opposto
Capisci che un amico è vero quando hai il conto in rosso
Il cantante si sente fuori posto ovunque. I suoi pensieri lo inseguono e lo travolgono, non riesce a trovare pace.
E anche se scrive canzoni che parlano di sé, ammette di non conoscersi davvero.
Non si aspettava che la relazione finisse così, sembrava che tutto stesse andando bene. Ora che si ritrova in crisi, forse è arrivato il momento di confidarsi con qualcuno di davvero fidato, per cercare un appiglio.
C’hanno fermato alla dogana
E noi che sognavamo un’isola lontana
Ma il mare è sporco e il lavoro chiama
Noi che siamo felici un giorno a settimana
Il cantante usa una metafora potente: dice che i due sono stati “fermati alla dogana”, proprio mentre stavano per partire verso una meta sognante, come un’isola lontana. È come se la loro storia si fosse interrotta prima ancora di decollare, proprio sul più bello.
La realtà, fatta di difficoltà, doveri, routine, ha sporcato quel sogno condiviso. La felicità, relegata a un solo giorno a settimana, appare come qualcosa di raro e precario.
Ci vuole talento per rovinarsi una cena
Avevamo tutto, ma in fondo nessuno dei due lo sapeva
Infine, torna a parlare attraverso una metafora: dice che non è facile rovinarsi una cena. Serve davvero tanto per distruggere un momento bello e semplice come quello. Eppure loro ci sono riusciti. Avevano tutto per essere felici, ma non hanno saputo valorizzarlo. E così, anche ciò che sembrava intoccabile, si è spezzato.

